sabato 8 dicembre 2007

IL QUI PRO QUO DI SAN PIETRO

Ma tu entra! entra! Te l’ho detto. Non startene lì impalato. E, soprattutto, non te la prendere con il nostro Pietro. E’ vecchio, ormai. Se pensi da quant’è che è qui... Anche per lui gli anni passano e diventa sempre più distratto e brontolone... E sempre più me ne combina... Tanto che, se non fosse per l’affetto, avrei già pensato tante volte di sostituirlo... Io glielo dico sempre: ‘Pietro, tu sei troppo formalista e severo... E poi quando si presentano devi stare attento a chi sono..’. Tempo fa... Ti racconto solo l’ultima... Quando si presentò qui Giacomo, il grande poeta di Recanati, il nostro Pietro, lo prese per Alessandro, quello dei ‘Promessi Sposi’; e fu subito ospitale e ossequioso: ‘Oh, Alessandro, già qui! Accomodati! Accomodati! Persone come te fanno onore al luogo. Ora viene l’angelo e ti faccio accompagnare al tuo seggio...’. E incominciò a parlare del romanzo, fresco di pubblicazione, e di Lucia, la protagonista: ‘Lei sì che è una degna figura di ragazza! Mica le sue svenevoli sorelle romantiche, sensuali e lussuriose... E poi la signora Ermengarda, quella delle tragedie; anche lei una giovane del tutto degna... E quel Carlo a trattarla così...’. E il nostro Giacomo capì subito il ‘qui pro quo’ di Pietro; e ‘Anche in Paradiso, pensò, ce lo hanno per l’insù questo tardivo convertito, questo cantore della Pentecoste’. Ma non se la prese. E da quel buontempone che in realtà era, faceva parlare il nostro ingenuo Pietro e se la rideva. Specialmente alle lodi di Lucia, lui assentiva e sorrideva in quel suo viso ironico. Lui, che, invece, le donne le aveva conosciute di tutt’altra

pasta: c’era la vanità della donzelletta e c’erano Silvia e Nerina, le quali, prima di ammalarsi, s’erano date buon tempo in radunanze e feste; poi c’era la ‘sua donna’, a cui, nelle sagre del paese, piaceva civettare coi giovanotti, adescarli e poi piantarli in asso; inoltre, la più famosa, Aspasia, con il suo perbenismo di sposa e di madre; in realtà una seduttrice senza scrupoli, colei che illuse e fece soffrire il nostro Poeta, fino a farlo approdare al ‘pessimismo universale’ e al ‘nulla eterno’, tu lo sai; infine la ‘per divina beltà famosa Elvira’, la giovane dal cuore d’oro, simulatrice d’amore e bugiarda... Fui io a questo punto a prendere per mano il nostro Giacomo e a salvarlo da quel profluvio di lodi che in realtà erano per il suo avversario. E pensa la faccia che avrebbe fatto il nostro Pietro (io non glielo dissi) se avesse saputo che l’anima a cui parlava con tanto ossequioso e religioso rispetto era in realtà quella di Giacomo Leopardi, il miscredente, l’ateo... Ah, dimenticavo... Fra Alessandro e Giacomo... Lo straordinario è che ora, nell’ironia dell’eternità, la quale ridimensiona tutte le cose del vostro mondo, loro due sono diventati amici; amici per la pelle.

Ma è il momento che andiamo, mio caro Scrittore. Ti accompagno a occupare il tuo posto assieme agli altri, in quella scelta adunanza in cui Dante, lo scomodo fiorentino, è il nostro fiore all’occhiello; e in cui, fra non molto, verrà anche la tua poetessa, quella che ha cantato ‘Cresci nel cuore il seme della morte’ e che, rivolta a me, ha invocato ‘Dammi, o Signore, il dono delle lacrime’; colei che tu chiami col dolce nome di Nanna, ancora semicieca; ma, se Dio vuole! (e qui gli strizzò l’occhio divertito), senza più dolori agli ossi e alle gambe; e senza più allergie”.

(dal racconto ‘Nell’ironia dell’eternità’, dedicato allo scrittore C. Lorenzini)

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